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Gaston Maspero, Émile Brugsch e Mohammed Abdelrasul davanti all’entrata del Nascondiglio Reale di Deir el-Bahri dall’«Illustrated Monthly Magazine» del 1881. Archivio Francesco Tiradritti

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Gaston Maspero, Émile Brugsch e Mohammed Abdelrasul davanti all’entrata del Nascondiglio Reale di Deir el-Bahri dall’«Illustrated Monthly Magazine» del 1881. Archivio Francesco Tiradritti

C’era una volta nella Valle dei Re | Nascondigli reali

Il centenario della scoperta della Tomba di Tutankhamon (4 novembre 1922-2022). Seconda puntata

Francesco Tiradritti

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Nel libro che racconta le sue gesta di archeologo-esploratore, Giovanni Battista Belzoni dichiarava che nella Valle dei Re non rimaneva più nulla da scoprire. È un’affermazione che è stata ripetuta più volte nel corso degli anni e che è stata immancabilmente smentita. Quanto scritto dal Sansone Patagonico dovette però essere preso in modo abbastanza serio dai suoi contemporanei perché, dopo di lui, l’esplorazione dello wadi reale segnò una battuta d’arresto.

I sepolcri scoperti fino a quel momento furono recensiti dall’inglese Sir John Gardner Wilkinson (1797–1875) che, recatosi in Egitto a causa del precario stato di salute e per la passione delle antichità, visse per dodici anni in una tomba della riva ovest di Luxor che aveva trasformato in una confortevole abitazione. Rendergli visita e magari essere invitati a cena nella sala da pranzo antistante il portico d’accesso del sepolcro era una sosta obbligata e concupita dai rari viaggiatori occidentali che cominciavano ad avventurarsi lungo il corso del Nilo. La numerazione preceduta da KV (Kings’ Valley), oggi ancora in uso, è proprio quella di Wilkinson. Il suo inventario comprendeva ventuno tombe, identificate attraverso il nome dello scopritore o la posizione.

Di lì a poco giunse a Luxor la spedizione franco-toscana di Jean-François Champollion (1790-1832) e Ippolito Rosellini (1800-1843). I due pionieri dell’egittologia trascorsero due mesi nella Valle dei Re attribuendo a ogni tomba il corretto proprietario. Rimasero così colpiti dalla bellezza del sepolcro di Sety I (fino ad allora «Tomba Belzoni») che pensarono bene, con una decisione che oggigiorno lascia oltremodo perplessi, di riportare in Europa gli stipiti del passaggio di uno dei corridoi. Oggi possono essere ammirati nelle raccolte egizie del Louvre a Parigi e del Museo Archeologico di Firenze.

Lo scopo di Champollion e Rosellini era quello di copiare quanti più testi geroglifici per migliorarne la conoscenza. Il medesimo fine fu anche perseguito da Karl Richard Lepsius (1810-84) che nel corso della spedizione nella Valle del 1844-45 visitò venticinque tombe. Anche lui, ammirato dalla magnificenza delle Tomba di Sety I non resistette alla tentazione di portarsene via un pezzetto. Quanto resta del pilastro che distrusse in quell’occasione è oggi visibile nel Museo Egizio di Berlino.
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La reale possibilità che vi fossero altri sepolcri reali inesplorati fu alimentata da alcune eccezionali scoperte effettuate all’inizio dell’ultimo ventennio del XIX secolo. Nel 1881 fu infatti ritrovato quello è oggi noto come «il nascondiglio delle mummie reali di Deir el-Bahri». Tutto aveva però avuto inizio un decennio prima quando sul mercato antiquario di Luxor erano cominciati a comparire preziosi reperti riferibili a famiglie sacerdotali della XXI dinastia. Pazienti indagini avevano condotto a identificare i fratelli Mohammed e Ahmed Abdelrasul come responsabili del traffico illecito di questo nucleo omogeneo di antichità che dovevano per forza provenire da un sepolcro inviolato.

Messi alle strette, i fratelli rivelarono la posizione della tomba. Poiché il direttore Gaston Maspero (1846-1916) era assente, furono incaricati di occuparsi di tutta la faccenda due egittologi che lavoravano per il Servizio delle antichità: il tedesco Émile Brugsch (1842-1930) e Ahmed Kamal (1849-1923). Quando si calarono nella tomba indicata dai fratelli Abdelrasul, i due si resero conto di trovarsi davanti a una scoperta eccezionale.

Oltre ai sarcofagi del sommo servitore di Amon Pinudjem II e dei membri della sua famiglia, per i quali il sepolcro (oggi Tomba Tebana 320) era stato preparato, si trovarono a vagare tra sarcofagi sui quali erano scritti i nomi dei più famosi sovrani del Nuovo Regno: Seqenenra Tao II, Ahmosi, Amenofi I, Thutmosi I, II e III, Ramesse I, Sety I, Ramesse II e III.
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L’emozione di trovarsi davanti alle spoglie mortali di celeberrimi monarchi e la paura dei predoni spinsero Brugsch e Kamal a espletare le operazioni di svuotamento più in fretta possibile. Il contenuto del «nascondiglio» fu rimosso in due giornate e il trasporto verso il fiume venne disturbato da scontri con i locali che riuscirono a impadronirsi di reperti di minori dimensioni. La drammatica situazione impedì ai due archeologi di redigere una qualsiasi documentazione del ritrovamento e ogni studio su questa scoperta di cruciale importanza risulta oggi difficoltoso proprio a causa di questo.

La favolosa scoperta assunse subito contorni leggendari e nel resoconto di Brugsch le imbarcazioni che trasportavano al Cairo i preziosi tesori risultano essere state accompagnate per tutta la loro discesa lungo il Nilo dai colpi dei fucili degli uomini e dalle grida strazianti delle donne che così salutavano e piangevano per l’ultima volta i loro monarchi.

Per alcuni dei sovrani le cui mummie erano state ritrovate nel nascondiglio di Deir el-Bahri non era noto il sepolcro. Questa semplice evidenza mise di fatto in discussione l’affermazione di Belzoni e indusse il Servizio delle Antichità a esplorare la Valle dei Re in modo più accurato spingendo le ricerche in angoli in cui non si era fino allora ritenuto si trovasse un sepolcro. Passarono però quasi venti anni prima che i risultati sperati venissero ottenuti.
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Soltanto nel 1898, in un’impervia fenditura della roccia, il supervisore del Servizio delle Antichità Ahmed Girigar riportò infatti alla luce la Tomba di Thutmosi III (1479-1425), forse una delle più belle e interessanti di tutta la Valle. Il sepolcro è concepito su due livelli, di cui il superiore è una descrizione del cielo e l’inferiore è invece una riproduzione dell’Oltretomba. In questo secondo ambiente, la cui forma richiama il geroglifico della corda che circonda tutto quello che il sole illumina, si trova ancora oggi il sarcofago in quarzite del sovrano.

La decorazione è concepita come se sulle pareti fosse stato srotolato un papiro con il libro dell’Amduat («Quello che è nell’Oltretomba»). Le figure e i testi, dipinti con una scelta cromatica limitata in cui prevale l’uso del rosso e del nero, descrivono l’attraversamento del sole delle pericolose e oscure ore della notte. Le dodici sezioni del testo sono disposte in modo ingegnoso cominciando a ovest, al tramonto, e terminando a est, all’alba.

Non era neanche trascorso un anno quando fu compiuta una seconda eccezionale scoperta. Lungo il lato settentrionale dello wadi, fino ad allora inesplorato, fu ritrovata la Tomba di Amenofi II (KV 35). Appartenendo all’immediato successore di Thutmosi III, il sepolcro è un’evoluzione e ampliamento di quello del predecessore, del quale mantiene però intatta la raffinatezza nella decorazione.
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La sorpresa maggiore per l’allora direttore del Servizio delle Antichità Victor Loret (1859-1946) fu il ritrovamento della mummia di Amenofi II nel suo sarcofago e di almeno altre nove mummie reali nei due annessi della camera funeraria. Ai corpi di sovrani ritrovati quasi vent’anni prima si vennero così ad aggiungere quelli di Amenofi II, Thutmosi IV, Amenofi III, Merenptah, Sety II, Siptah e Ramesse III-VI.

Secondo quanto affermato da alcune iscrizioni ieratiche, le spoglie dei faraoni erano state trasportate nella Tomba di Amenofi II nel X secolo, in un momento di poco precedente al trasferimento delle mummie nel nascondiglio reale di Deir el-Bahri. All’epoca i sacerdoti ritennero opportuno traslare i corpi dei sovrani dopo avere recuperato i loro ricchissimi corredi funerari che furono verisimilmente utilizzati per fronteggiare la crisi economica che dilaniava l’Egitto ormai da molti anni.
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C’era una volta nella Valle dei Re
Il centenario della scoperta della Tomba di Tutankhamon (4 novembre 1922-2022)
di Francesco Tiradritti
1. Giovanni Battista Belzoni
2. Nascondigli reali
3. La prima volta di Carter
4. Un rinvenimento leggendario

Testa di vacca in legno dipinto ritrovata nella Tomba di Amenofi II nella Valle dei Re (KV 35), Museo Nazionale della Civiltà Egizia. Fotografia Francesco Tiradritti

Particolare della decorazione di uno dei pilastri della camera funeraria della Tomba di Thutmosi III. Fotografia Francesco Tiradritti

Particolare della decorazione del catafalco funerario della regina Asetemakhbyt dal Nascondiglio delle mummie reali a Deir el-Bahri ora al Cairo, Museo Nazionale della Civiltà Egizia. Fotografia Francesco Tiradritti

Sarcofago di Ahmosi dal Nascondiglio delle mummie reali a Deir el-Bahri ora al Cairo, Museo Nazionale della Civiltà Egizia. Fotografia Francesco Tiradritti

Sety I riceve la collana-menat dalla dea Hathor dagli stipiti dell’entrata al corridoio G nella Tomba di Sety I nella Valle dei Re oggi (sinistra) nel Museo Archeologico di Firenze e (destra) al Louvre di Parigi. Fotografie e montaggio Francesco Tiradritti

Francesco Tiradritti, 20 ottobre 2022 | © Riproduzione riservata

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